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28 luglio 2017 5 28 /07 /luglio /2017 16:54

Come è noto, il Giudice competente a conoscere dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c o per l’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. è il Giudice del luogo dell’esecuzione, salvo i casi di cui all’art. 480 III comma, c.p.c. (elezione di domicilio del creditore procedente in atto di precetto), mentre per l’opposizione agli atti esecutivi è competente il Giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione, il tutto ex art. 27 c.p.c.-

 

Nel caso di riscossione esattoriale la disciplina disegnata dal codice di procedura civile viene integrata dalle norme speciali in materia di riscossione e contenzioso tributario, ex art. 49, comma 2, DPR 602/1973; tali norme speciali prevedono, in particolare:

  1. la giurisdizione tributaria esclusiva per tutte quelle cause relative agli atti elencati all’art. 19, D.Lgs. 546/1992 (contenzioso tributario), quali la cartella di pagamento;
  2. la giurisdizione del Giudice ordinario per quelle controversie riguardanti l’esecuzione forzata tributaria, successivi alla notifica della cartella di pagamento o, se necessaria, dell’intimazione di pagamento ex art. 50 DPR 602/1973.     

 

Ciò a dire che, qualsiasi controversia relativa alla regolarità della cartella di pagamento o dell’intimazione di pagamento (se recante crediti tributari, ovviamente) dovrà essere conosciuta dalla sola Commissione Tributaria territorialmente competente ex art. 4 del D.Lgs. 546/1992.  

 

Si pensi al caso dell’impugnazione della cartella esattoriale avente ad oggetto crediti solamente fiscali, atto di per sè comparabile ad un atto di precetto e non ad un titolo esecutivo vero e proprio[1], viene pacificamente impugnato avanti la Commissione Tributaria competente per territorio.

 

Nel caso di esecuzione già iniziata con un pignoramento, la eventuale causa di merito per l’accertamento della regolarità degli atti presupposto, potrà essere coltivata dopo avere chiesto ed ottenuto la sospensione della procedura esecutiva, con una domanda di natura cautelare che, di regola, viene giudicata dal medesimo Giudice dell’esecuzione con ordinanza (salvo reclamo).

 

Una volta decisa la fase cautelare, sarà il Giudice dell’Esecuzione a dare un termine al debitore opponente per riassumere la causa in parola avanti il Giudice competente a conoscere per il merito.

 

Quid Juris, se il debitore, in caso di pignoramento fiscale adisca direttamente il Giudice Tributario territorialmente competente, senza prima impugnare il pignoramento avanti il Giudice dell’Esecuzione? È possibile?

 

La questione è stata più volte affrontata dalla Corte di Cassazione, la quale recentemente, con la sentenza 5 giugno 2017, n. 13913, è tornata a pronunciarsi su tale circostanza a Sezione Unite, cercando di dare una risposta (invero) salomonica al quesito.

 

Al fine di meglio capire il ragionamento svolto dalla Suprema Corte di Cassazione occorre, a mio sommesso avviso, partire dalla massima diffusa recentemente dalle principali riviste e dai commentatori: "in materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi riguardante l'atto di pignoramento, che si assume viziato per l'omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta - ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e art. 617 cod. proc. civ. - davanti al giudice tributario"

 

Ora, tale decisione muove sostanzialmente da un presupposto fondamentale: il mancato perfezionamento del procedimento di riscossione prima della notificazione/esecuzione del pignoramento fiscale, nella specie la lamentata mancata notificazione della cartella di pagamento, quale atto presupposto per potere procedere alla riscossione coatta del credito tributario.

   

Ciò a dire che la procedura di riscossione “a monte” non si sarebbe perfezionata e non poteva, quindi proseguire nei confronti del contribuente.

 

Competente a conoscere del merito di tale eccezione e, quindi, a verificare la correttezza della procedura di riscossione era (ed è) sicuramente il Giudice Tributario.

 

Tale decisione, però, pare porsi in contrasto con il dettato dell’art. 2,  D.Lgs. n. 546 del 1992, il quale prevede che le Commissioni Tributarie abbiano giurisdizione per i soli giudizi tributari di merito, mentre "restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui al D.P.R. 20 settembre 1973, n. 602, art. 50, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica".

 

Inoltre, l'art. 19 del D.Lgs. 596/1992 non prevede espressamente nell’elenco degli atti impugnabili avanti le Commissioni Tributarie gli atti di pignoramento esattoriale.

 

Si ricorda, poi che l’art. 49, comma 2, DPR 602/1973 (in tema di riscossione delle imposte) prevede che il procedimento di espropriazione forzata nell'esecuzione tributaria è regolato "dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione" in quanto non derogate dal capo II del medesimo D.P.R. e con esso compatibili.

 

Sul punto si ribadisce che l'art. 9, II comma, c.p.c. attribuisce al Tribunale la competenza esclusiva delle cause in materia di imposte e tasse, ma solo in via residuale. Ciò a dire che, ove non è competente il Giudice speciale Tributario, è competente il Tribunale civile ordinario.

 

Ne discende che, di regola:

  1. le cause che prevedono un esame del merito tributario e/o della efficacia del titolo esecutivo (e, dunque, anche della possibilità di utilizzare tale titolo per promuovere l’esecuzione forzata) si propongono davanti al Giudice Tributario, ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, il quale è Giudice Speciale competente in via esclusiva a conoscere di tali cause;
  2. Viceversa, sono di competenza del Tribunale Ordinario, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, le cause di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c, di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e le opposizioni di terzo alla esecuzione ex art. 619 c.p.c. (nei limiti posti dall’art. 57 del DPR 602/1973).

 

Se però, il pignoramento fosse il primo atto ricevuto dal contribuente / (presunto) debitore, con il quale egli viene effettivamente a conoscenza per la prima volta della pretesa creditoria dell’erario, quale sarebbe il Giudice competente a conoscere della relativa opposizione?

 

Il difetto di notifica della cartella non può che configurarsi quale un vizio della procedura esecutiva / di riscossione, quindi un vizio conestabile con una opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (processualmente, si tratta di un vizio speculare alla mancata regolare notifica dell'atto di precetto prima della esecuzione del pignoramento).  

 

La prudenza consiglierebbe il contribuente ed il suo professionista di presentare la causa di opposizione, con le relative domande cautelari e di merito, avanti il Giudice dell'Esecuzione,  sulla scorta di una lettura rigorosa dell’art. 2, D.Lgs. 546/1992.

 

Sarà, poi, il Giudice dell'Esecuzione medesimo, previo ogni opportuno provvedimento in ordine alla istanza cautelare di sospensione della efficacia dell’esecuzione, a dare termine alla parte interessata per riassumere la causa avanti il Giudice del merito per l’esame delle relative domande di merito del ricorrente.

 

Tale soluzione, però, avrebbe l’effetto di duplicare (perlomeno) le spese vive per dare impulso alle due fasi del giudizio di opposizione, quella cautelare, avanti il Giudice dell’Esecuzione, e quella di merito, avanti il Giudice del merito.   

 

Se, invece, il contribuente scegliesse di adire immediatamente il Giudice del merito (come nel caso trattato dalla Cassazione nella sentenza SSUU 13913/2017 in commento), in mera teoria, tale Giudice, a tutto voler concedere, non potrebbe giudicare sulla efficacia della procedura esecutiva e sulla nullità del pignoramento, in quanto, ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. 546/1992, "restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui al D.P.R. 20 settembre 1973, n. 602, art. 50, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica".

 

Sul punto, la Cassazione è stata portatrice di due diversi e parimenti autorevoli orientamenti giurisprudenziali di segno opposto, entrambi richiamati nella sentenza in commento:

 

  1. Un primo orientamento stabiliva che, “È devoluta alla giurisdizione delle commissioni tributarie la controversia relativa alla esecuzione presso terzi intrapresa sulla base di cartelle esattoriali relative al preteso pagamento di tasse automobilistiche che il contribuente neghi essere dovute, perché attinenti ad autovetture demolite prima della emissione delle cartelle stesse. Ancorché, infatti, sia stato impugnato un atto di esecuzione, l'oggetto della controversia è costituito non da questo ma dalla contestata fondatezza del titolo esecutivo (le cartelle esattoriali) mediante il quale l'ente creditore ha esercitato la pretesa tributaria che il contribuente ritiene non dovuta, sicché trattasi di valutare l'"an" del tributo” (si legga cfr. Cass.Civ. SSUU, 5 luglio 2011 n. 14667, in Banca dati De Jure);

 

  1. Il secondo dei due orientamenti, invece, stabiliva che, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante un atto di pignoramento, che il contribuente assume essere viziato per nullità derivata dall’omessa notificazione degli atti presupposto, è ammissibile e va proposta dinanzi al Giudice ordinario, ai sensi dell’art 57 DPR n. 602/1973 ed ex artt. 617 e 9 c.p.c., in quanto solo il Giudice ordinario sarebbe competente a valutare la nullità o meno del pignoramento (si legga cfr. Cass.Civ. SSUU, 27 ottobre 2016 n. 21690,  in Banca dati De Jure).

 

La Cassazione nella recente sentenza n. 13913/2017, ha ritenuto meritevole di accoglimento la tesi che seguiva il primo dei due orientamenti, sulla base di questi semplici assunti:

  1. L’art. 2 D.Lgs. 546/1992 individua il confine tra la giurisdizione tributaria (merito) e giurisdizione ordinaria (esecuzione) nel momento della notificazione della cartella di pagamento. In assenza di notificazione di tale cartella ed in caso di contestazione di tale circostanza da parte del contribuente esecutato, la Giurisdizione non potrà che tornare al Giudice Tributario;

 

  1. L’art. 19 D.Lgs. 546/1992 nel suo elenco (suscettibile di interpretazione estensiva, come sostiene la giurisprudenza maggioritaria) non considera l’atto di pignoramento esattoriale perché, di regola, non è l’atto con il quale l’erario mette a conoscenza del contribuente la propria pretesa creditoria, ma è, invece, un atto emesso “a valle” del procedimento di riscossione. Se però lo fosse, come nel caso in esame, allora il merito della pretesa tributaria dovrà essere oggetto di indagine da parte del Giudice competente per materia a svolgere tale accertamento, il Giudice Tributario;

 

Tutto quanto sopra premesso la Suprema Corte ha ritenuto di ribadire il seguente principio di diritto, “in materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta – ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e art. 617 cod. Proc. Civ. – davanti al giudice tributario

 

In conclusione.

 

Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto di consentire al contribuente di adire immediatamente il Giudice del merito, laddove l’atto esecutivo esattoriale fosse solamente il primo da lui ricevuto e, quindi, fosse l’atto con il quale l’erario abbia messo a conoscenza il contribuente/debitore per la prima volta della propria pretesa creditoria.

 

Tale assunto, a mio avviso, spinge l'interprete a svolgere almeno due considerazioni:

 

1. Da un lato, si deve ricordare che la prova della regolare notificazione degli atti presupposto al contribuente compete all’erario.

 

Se l'erario dovesse provare che la notificazione della cartella e/o dell'atto presupposto fosse avvenuta regolarmente, ecco che il Giudice tributario, per coerenza sistematica, dovrebbe dichiararsi incompetente a conoscere della controversia in favore del Giudice ordinario. Egli non potrebbe, quindi, pronunciarsi sul merito della controversia. 

 

In tale caso, ci si chiede, quindi, se il contribuente, a seguito della declaratoria di incompetenza da parte del Giudice tributario, possa proseguire la lite avanti il Giudice ritenuto competente per eccepire un diverso vizio della procedura di riscossione rilevabile in tale stato del procedimento, quale l'intervenuta prescrizione del credito tributario.

 

A mio sommesso avviso, un pronuncia in rito sulla incompetenza del Giudice tributario adito, insuscettibile per natura a formare giudicato sulle domande di merito, ma solo a stabilire quale Giudice è ritenuto competente a conoscere della controversia, non può impedire un esame di una questione sostanziale quale quella della prescrizione del credito tributario (salvo, ovviamente, ogni limite posto dalla legge a svolgere tale indagine, quale il disposto dell'art. 57 e 58 DPR 602/1973).

 

Ma chi potrà pronunciarsi in ordine alla prescrizione del credito tributario se non proprio il Giudice competente in via esclusiva a conoscere di tali cause, la Commissione Tributaria?

 

Cosa dovrebbe fare il contribuente in un caso simile? Adire il Tribunale Ordinario, in funzione di Giudice dell'Esecuzione, per sospendere in via cautelare l'efficacia del pignoramento, per poi tornare ancora avanti la Commissione Tributaria competente, la quale deciderà sul merito delle questione? Ai posteri l'ardua sentenza.      

 

2. In  secondo luogo, si deve ricordare che in tutti i casi in cui la procedura di riscossione è stata formalmente rispettata, l'opposizione al pignoramento esattoriale eseguita ex artt. 615, 617 e 619 c.p.c. va proposta avanti il Tribunale Civile, nei limiti previsti dall’art. 57 DPR 602/1973.      

 

E' altrettanto vero che, statisticamente, gran parte delle vertenze avverso i pignoramenti esattoriali muovono su contestazioni relative alla mancata notificazione di almeno uno degli atti presupposto.

 

Ciò a dire che, a mio sommesso e personalissimo parere, questa sentenza potrebbe avere l'effetto di generare un immediato incremento del contenzioso avanti le Commissioni Tributarie locali.    

 

Sperando di essere stato chiaro ed esaustivo e di avere fornito spunti di riflessione a contribuenti professionisti e colleghi che abbiano trattato tali tematiche, porgo i miei migliori saluti.  

 

avv. Giuseppe Paolo Raimondi

 

[1]  Il titolo esecutivo in ambito tributario è rappresentato, per esempio, dall’avviso di accertamento e/o liquidazione non opposto nel termine di legge, salvo alcuni casi, quali quelli di accertamento fiscale ex art. 36-bis e 36-ter DPR 600/1973, mentre la cartella di pagamento, di norma, è un atto che appartiene alla successiva fase di recupero forzato del credito accertato o fase di riscossione.

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