Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog
28 luglio 2023 5 28 /07 /luglio /2023 15:27

La tassazione degli atti recanti un riconoscimento di debito ai fini dell'imposta di registro ex DPR. 131/1996: la soluzione offerta da Cass. SSUU 16.03.2023, n. 7682.

Con la sentenza a Sezione Unite rilasciata in 16.03.2023, n. 7682, la Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a dirimere una controversia in ordine all'applicabilità dell'imposta di registro a un atto di mera ricognizione del debito.

Il caso trattato dalla Corte ha avuto origine dal contenzioso proposto da una società avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, avente ad oggetto un avviso di liquidazione dell'imposta di registro ex art 54 DPR 131/1986, relativamente ad una nota contabile scritta, depositata dalla parte creditrice in una procedura monitoria pendente avanti il Tribunale di Napoli.

Il decreto ingiuntivo emesso all'esito di tale procedura non pareva fondarsi sulla scrittura in questione, comunque prodotta agli atti, ma su un assegno non pagato (di per sé pienamente idoneo a fondare l'emissione del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c.).

Dunque la nota contabile in discussione pareva essere stata prodotta a mero scopo probatorio e non certo per fondare il credito azionato.

Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate riteneva che la nota contabile costituisse un riconoscimento di debito e, quindi, fosse riconducibile agli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni dal contenuto patrimonialeex art. 9, della Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986 (o “Testo Unico del Registro”); dunque, l'Agenzia delle Entrate locale sottoponeva il rapporto richiamato nella predetta nota, un credito commerciale per un valore di Euro 25.000,00= (IVA inclusa), all'aliquota prevista nella Tariffa, pari al 3%.

Il contribuente proponeva impugnazione e, contestualmente reclamo ex art. 17-bis D.Lgs. n. 546/1992 avverso tale avviso di accertamento, lamentando la mancanza di rilevanza patrimoniale di tale atto.

L'Agenzia delle Entrate locale accoglieva parzialmente tale reclamo e riteneva di rideterminare l'imposta e la conseguente sanzione per la mancata registrazione nel termine di legge.

Sul punto, infatti, l'Agenzia riteneva che la nota da Euro 25.000,00= fosse comunque da sottoporre a tassazione ai fini del Registro sulla base di altra norma: l'art. 3 Parte II della Tariffa relativo agli “atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura, salvo il successivo art. 7 (quest'ultimo relativo alla registrazione del trasferimento di veicoli e natanti)”.

In sostanza, l'Agenzia sosteneva che il solo deposito della nota in discussione presso la cancelleria del Tribunale di Napoli avrebbe costituito un “caso d'uso” come previsto dall'art. 6, D.P.R. n. 131/1986, ed avrebbe, quindi, obbligato l'erario a sottoporre a tassazione l'atto in parola, ai sensi dell'art. 3, Parte II della Tariffa.

Ritenendosi comunque insoddisfatto, il contribuente iscriveva a ruolo il ricorso ex art. 18 D.lgs. n. 546/1992 e dava corso alla vertenza avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la quale proseguiva poi in sede di gravame avanti la Commissione Tributaria Regionale di Napoli. Quest'ultima, confermava l'accertamento elevato dall'erario.

Il contribuente, quindi, adiva la Suprema Corte di Cassazione, la quale, rilevando la presenza di un contrasto giurisprudenziale riguardo la tassabilità degli atti di riconoscimento di debito, demandava la decisione alle Sezioni Unite della Suprema Corte.

La tesi sposata dagli ermellini è sicuramente la più favorevole al contribuente, ma va esaminata meglio per la sua complessità.

Al fine di meglio illustrare la soluzione proposta dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, occorre prima richiamare brevemente i tre orientamenti discordanti che la Corte stessa ha adottato nel recente passato ed ha criticato nella pronuncia in esame.

A.Il primo degli orientamenti citati dalla Corte: il contenuto patrimoniale del riconoscimento di debito

Secondo la prima delle decisioni esaminate dalla Cassazione nella sentenza citata, il riconoscimento di debito deve essere tassato “in termine fisso” (quindi in ogni caso), ex art. 9, Parte I della Tariffa, in quanto atto avente contenuto patrimoniale (cfr. Cass. Civ., 19.07.2017 n. 17808, in Banca dati De Jure).

Nel caso di cui alla sent. 17808/2017, la società ricorrente chiedeva di essere dispensata dal pagamento dell'imposta di registro liquidata su un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, fondato su riconoscimento di debito.

Secondo la contribuente, l'imposta liquidata sul titolo giudiziale avrebbe dovuto essere elevata in misura fissa (Euro 200,00=) e non proporzionale (3% del valore dell'atto), in quanto il credito azionato era di natura commerciale e, quindi, soggetto ad IVA.

In effetti, la nota 2 all'art 8, Parte I della Tariffa, prevede che “Gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1bis, non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono del pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad imposta di valore aggiunto ai sensi dell'art. 40 del testo unico” (principio della alternatività tra imposta di registro ed IVA).

Nel ritenere infondata la tesi del contribuente, la Corte scrive “La ricognizione di debito, come scrittura privata non autenticata, pur non espressamente inserita né nella prima, né nella seconda parte della tariffa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, né necessariamente ricompresa nel disposto di cui all'art. 4, della parte seconda, che dispone la registrazione in caso d'uso delle "scritture private non autenticate" qualora non abbiano contenuto patrimoniale, è ugualmente soggetto a registrazione in termine fisso in forza del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 9, parte prima, che ha valore di previsione generale, trattandosi di atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale “ - e ancora, per quanto interessa in questo elaborato - “In ogni caso, la ricognizione di debito, come sostenuto dalla ricorrente, effettivamente, non determina la nascita di un'obbligazione a carico del promittente, ma solo l'inversione dell'onere della prova perché il rapporto sottostante si presume fino a prova contraria. Non sempre, però, l'atto rimanda, implicitamente o esplicitamente, all'esistenza di un atto costitutivo del sottostante rapporto patrimoniale. La ricognizione di debito, infatti, può essere "pura" o "titolata". Quest'ultimo caso si verifica quando dall'atto risulta - cioè viene indicato - il rapporto fondamentale. Ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro sulla ricognizione di debito è rilevante che da essa sia desumibile l'atto fonte dell'obbligazione sottostante, perché, in difetto, non è possibile verificare se, con riferimento a detto atto costitutivo del rapporto sottostante, sia stata versata l'imposta dovuta, anche per gli effetti indicati dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40 (cfr. Cass. Civ. sent 17808 del 19.07.2017, in Banca dati De Jure, in motivazioni – Sottolineature di chi scrive).

Dunque, secondo quanto deciso con la sent. n. 17808/2017, la tassazione di un riconoscimento di debito è necessaria ex art. 9, Parte I della Tariffa, a patto che la ricognizione stessa rechi quale sia l'atto nel quale trova origine l'obbligazione sottostante e, quindi sia possibile individuare il contenuto patrimoniale del rapporto inter partes ivi richiamato.

B. Il secondo degli orientamenti citati dalla Corte: il riconoscimento di debito come dichiarazione dal contenuto non patrimoniale

Stando, invece, al secondo degli orientamenti richiamati dalle SSUU, (cfr. Cass. Civ. 12.02.2020 n. 3379 in Banca dati De Jure), gli ermellini hanno ritenuto il riconoscimento di debito sempre tassabile “in termine fisso” ai sensi dell'art. 3, Parte I della Tariffa.

Il caso trattato nella sentenza n. 3379/2020 trattava (ancora una volta) della tassazione di un decreto ingiuntivo, fondato su una scrittura privata recante (anche, ma non solo) crediti poi azionati in via monitoria, con due diversi ricorsi ex art. 633 c.p.c.-

Tale scrittura privata, quindi, riportava un riconoscimento di debito da parte della società debitrice verso l'impresa creditrice e, secondo l'erario, avrebbe dovuto essere sottoposta a tassazione.

Riguardo tale specifica questione, la Corte scriveva che, al riconoscimento di debito -essendo un atto avente “natura dichiarativa”, inidoneo a produrre da solo un effetto patrimoniale tra le parti- “è perciò applicabile l'aliquota dell'1% fissata per tale specie di atti dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 3, tariffa allegata” (cfr. Cass. Civ. 12.02.2020, n. 3379, in Banca dati De Jure).

Dunque, la ricognizione di debito, per il solo fatto di dichiarare l'esistenza di un rapporto tra creditore e debitore, ma non comportando alcuna innovazione nei rapporti tra le parti e non avendo, quindi, contenuto patrimoniale, dovrà essere tassata ai fini dell'Imposta di Registro ai sensi dell'art. 3 della Parte I della Tariffa (cfr. Cass. Civ. 28.05.2007 n. 12432, in Banca dati De Jure)

C. il terzo degli orientamenti segnalati dalla Corte di Cassazione: il riconoscimento di debito come “dichiarazione di scienza”, priva di contenuto patrimoniale

Da ultimo, il Collegio richiama un orientamento che riconosce al riconoscimento di debito la natura di “dichiarazione di scienza” (cfr. Cass. Civ. 19.01.2009 n. 1132, in Banca dati De Jure).

Sulla base di tale assunto, al riconoscimento di debito non sarebbe applicabile l'art. 9, Parte I della Tariffa, in quanto atto privo di contenuto patrimoniale, come non sarebbe applicabile l'art. 3, Parte I della Tariffa, in quanto atto privo di contenuto dispositivo (si tratta appunto di una mera affermazione di una circostanza già esistente).

Si dovrebbe, invece, applicare l'art. 4, Parte II della Tariffa, che dispone la registrazione nel solo “caso d'uso” ex art. 6 DPR n. 131/1986, per quelle “scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni di contenuto patrimoniale”, con tassazione ai fini del registro in misura fissa.

Tale ultimo orientamento pare essere condiviso dalla Corte nella sentenza che ci occupa, la quale, però, ha ritenuto prima di meglio definire i confini del “caso d'uso”, per poi tracciare le direttrici della tassabilità del riconoscimento di debito.

La tesi della Corte di Cassazione: la tassazione in caso d'uso ex art. 4, Parte II della Tariffa

Secondo la Suprema Corte di Cassazione il riconoscimento di debito sarebbe, in linea generale, una dichiarazione di scienza, volta a rendere evidente un fatto o un circostanza.

Se tale circostanza non fosse idonea a creare effetti patrimoniali, questa potrebbe essere sottoposta a registrazione, solo “in caso d'usoex art. 4, parte II della Tariffa.

Se, invece, l'atto fosse idoneo a produrre da solo effetti patrimoniali, questo deve essere registrato “a termine fisso”, non solo “in caso d'uso”, ai sensi dell'art. 3, Parte I della Tariffa.

In primo luogo, va ricordato che con “caso d'uso” si intende la circostanza nella quale “un atto si deposita per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento”, ex art. 6 DPR n. 131/1996.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, il mero deposito non è sufficiente a integrare il “caso d'uso”, ma sarebbe necessario che il deposito sia finalizzato al raggiungimento di determinati effetti giuridici sostanziali.

Dunque, l'interpretazione data dalla Cassazione pare spostare l'attenzione dal mero deposito del documento agli atti, all'intenzione del depositante, ovvero all'effetto giuridico che il depositante vuole conseguire in concreto con l'utilizzo dell'atto.

La Suprema Corte, ricorda che, in tema di riconoscimento di debito, tale orientamento era già stato adottato nel passato.

Infatti è stato rilevato che “In tema di imposta di registro, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 6, si ha caso d'uso quando un atto si deposita presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative, o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo per essere acquisito agli atti, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi, ovvero sia obbligatorio per legge o per regolamento. Nella norma, infatti, il termine "deposito" non è impiegato per indicare una modalità di consegna dell'atto alla pubblica amministrazione, bensì per indicare un effetto sostanziale e cioè l'acquisizione dell'atto medesimo a fini giuridici e operativi (cfr. Cass. Civ. 12.11.2014 n. 24107, in Banca dati De Jure – in motivazioni).

Dunque, non ogni deposito volontario rappresenta un “caso d'uso”, ma solo quello per mezzo del quale la parte depositaria si prefigura di ottenere determinati effetti giuridici.

Accertato che il riconoscimento di debito venga prodotto dalle parti per il raggiungimento di determinati scopi o per un interesse del depositante, occorre ora capire secondo quale norma debba essere tassato e con quale effetto economico.

Sul Punto, nelle motivazioni della Sentenza oggetto del presente lavoro si legge che “la ricognizione di debito, avendo natura meramente dichiarativa e, come tale, non apportando alcuna modifica né rispetto alla sfera patrimoniale del debitore che la sottoscrive, né a quella del creditore che la riceve, limitandosi a confermare un'obbligazione già esistente, (cfr. già Cass. Sez. 5. 19 gennaio 2009, n. 1132), deve attribuirsi natura di mera dichiarazione di scienza, rispetto alla quale non sarebbe applicabile, quindi, né l'art. 9, parte prima della Tariffa, né l'art. 3, parte prima della Tariffa, ma l'art. 4, parte II, della Tariffa, secondo cui, sono assoggettate, in caso d'uso, ad imposta di registro in misura fissa, per quanto rileva, le scritture provate non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale (Cass. Sez. 5, 2021, n. 15268; Cass. Sez. 5, 11 gennaio 2018, n. 481)” (cfr. Cass. SSUU 16.03.2023, n. 7682, in Banca dati De Jure – in motivazioni).

Sul punto, secondo la Corte è incontroversa la natura dichiarativa del riconoscimento di debito, mentre resta controversa la sua idoneità a provocare effetti sulla sfera giuridica delle parti.

In base a tale assunto, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto di distinguere tre casi distinti di atto di “natura dichiarativa”:

a) atti di natura dichiarativa riferibili a fattispecie nella quali si abbia una modificazione della situazione giuridica preesistente, per effetto del negozio dichiarativo, senza che però vengano a prodursi effetti obbligatori o reali (per esempio, la divisione);

b) atti o negozi ricognitivi, dove lo scopo del dichiarante è riconoscere l'esistenza di una situazione giuridica preesistente, senza voler compiere atti costitutivi, modificare o estintivi del diritto;

c) atti o negozi di accertamento, che invece hanno lo scopo di rimuovere una situazione di incertezza oggettiva e riconosciuta;

Alla luce di quanto sopra, pare di capire che il riconoscimento di debito debba essere tassato per il 1% del suo valore, ai sensi dell'art. 3, parte I della Tariffa, “in termine fisso”, solo nel caso in cui l'atto prodotto sia idoneo a produrre effetti patrimoniali, inteso come la costituzione, la modifica o l'estinzione di un diritto reale o di una obbligazione.

Se però la dichiarazione non fosse idonea a costituire, modificare o estinguere un diritto o una obbligazione, secondo la Suprema Corte, la stessa si dovrebbe tassare in misura fissa ex art. 4, della Parte II della Tariffa, in quanto si tratterebbe di “Scritture private non autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.

Se, invece, l'atto dichiarativo fosse prodotto per provare una situazione di fatto e non per provocare alcun effetto giuridico, esso andrebbe esente da qualsivoglia tassazione ai fini dell'imposta di registro.

In conclusione:

Secondo gli ermellini, il riconoscimento di debito è sicuramente una dichiarazione di scienza.

La tassabilità ai fini del registro di tale documento, però, varia a seconda della volontà di chi se ne serve e del contenuto di tale atto.

In particolare, se si volesse produrre un riconoscimento di debito al solo fine probatorio, senza voler conseguire alcun effetto giuridico, questo non potrebbe venire tassato al fine dell'imposta di registro;

se un riconoscimento di debito fosse depositato agli atti o fosse prodotto al fine di provocare effetti giuridici patrimoniali, ma fosse inidoneo a produrne in se, questo dovrebbe essere tassato ai fini dell'imposta di registro solo “in caso d'uso” ed in misura fissa ex art. 4, della Parte II della Tariffa;

se, invece, si volesse produrre un atto con capacità autonoma di modificare una situazione giuridica preesistente e in grado, quindi, di produrre un effetto patrimoniale, esso dovrebbe essere tassato ai fini dell'imposta di registro “a termine fisso” per l'1% del suo valore ex art. 3, della Parte I della Tariffa.

La soluzione proposta dalla Corte di Cassazione appare assai convincente, in linea teorica, in quanto pare dare maggior valore alla volontà delle parti e agli effetti sostanziali del riconoscimento di debito.

In concreto, la Corte ha sicuramente levato dal campo la possibilità per Agenzia delle Entrate di tassare le ricognizioni di debito ai sensi dell'art. 9, Parte I della Tariffa, e, dunque, applicando una aliquota del 3% sul valore dell'atto, calcolato ai sensi degli artt. 43 DPR n. 131/1986 e ss.

Rimane però incertezza sui confini tra le 3 ipotesi di “dichiarazioni di scienza” individuate dalla Suprema Corte.

Per esempio, quando un atto sarà prodotto al solo fine di fornire la mera prova dei fatti costitutivi del credito e quando, invece, per provocare la sua liquidazione da parte del Giudice?

Solo la giurisprudenza in futuro potrà sciogliere ogni dubbio quando verrà interessata, a sua volta, della interpretazione in concreto delle dichiarazioni di scienza in discussione.

avv. Giuseppe Paolo Raimondi

 

Condividi post
Repost0

commenti

Presentazione Del Blog

  • : La cantina dello studio
  • : Un tentativo di informare,conoscere, divulgare un pensiero personale ed esporlo alle critiche più disparate. Un modo per esorcizzare le proprie paure, comunicare gioie e passioni, condividere idee, impressioni e sensazioni su quello che accade e su come sta cambiando il mondo che mi circonda. Insomma...tutto quello che ho da dire su di me e su quello che vivo...senza censure, nè imbarazzi, nè timori, ma con molta sincerità ed umiltà!
  • Contatti
Tweets di @sbarabeps82 ">

Seguimi su Twitter

  

<a class="twitter-timeline" href="https://twitter.com/sbarabeps82" data-widget-id="428100291611734017">Tweets di @sbarabeps82</a>
<script>!function(d,s,id){var js,fjs=d.getElementsByTagName(s)[0],p=/^http:/.test(d.location)?'http':'https';if(!d.getElementById(id)){js=d.createElement(s);js.id=id;js.src=p+"://platform.twitter.com/widgets.js";fjs.parentNode.insertBefore(js,fjs);}}(document,"script","twitter-wjs");</script>
 

Cerca