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14 novembre 2020 6 14 /11 /novembre /2020 17:12

Il D.Lgs. 116/2020 ha modificato in maniera sostanziale alcune norme del D.Lgs. 152/2006 (nel seguito anche "Testo Unico dell'Ambiente" o "TUA"), intervenendo indirettamente anche sulla disciplina tributaria della riduzione del canone per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (o TARI) per le utenze non domestiche (quali: imprese, commercianti e professionisti). 

Come è noto, l'art. 1, comma 649, L. 147/2013 (legge istitutiva della IUC - Imposta Unica Comunale), prevede che:  "Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si  formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi  produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla  normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI,  il  comune, con  proprio regolamento, può prevedere  riduzioni della parte variabile  proporzionali  alle  quantità  che  i  produttori  stessi dimostrino di avere avviato al recupero."

In sostanza, laddove il produttore di rifiuti speciali (come, per esempio, i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione o costruzione) che, però, siano assimilati agli urbani e che vengano recuperati in conformità alla legge, il Comune dove sorge il luogo di produzione del rifiuto può prevedere riduzioni della parte variabile del relativo tributo; si tratterebbe di una facoltà che ogni Comune ha la possibilità di accordare ai contribuenti con apposito Regolamento.

Come è noto, la categoria dei "rifiuti assimilati" non è tipizzata. È stata la giurisprudenza a darne una definizione, prevedendo che “Il rifiuto assimilato rappresenta quella tipologia di rifiuto che, nonostante sia stato prodotto da un’attività economica e nonostante non rientri nell’elenco di cui all’ art. 184, c. 2, D.Lgs. n. 152 del 2006, è stato assimilato al rifiuto urbano con apposita deliberazione comunale. Pertanto, l’ente, con la delibera di assimilazione apporta una trasformazione nel rifiuto, il quale, da rifiuto speciale, diviene rifiuto urbano, conferibile al servizio comunale e rientrante nella privativa dell’ente e, pertanto, soggetto a tassazione” (cfr. TAR Puglia 01.03.2018 n. 351, in Banca dati De Jure).

Dunque, parrebbe di capire che ogni Comune abbia la possibilità di definire i contorni del "rifiuto assimilato", come anche della relativa eventuale agevolazione fiscale. Si tratterebbe, quindi, di una categoria giuridica atipica di natura esclusivamente tributaria, senza alcuna rilevanza ambientale in senso stretto.   

La categoria del rifiuto assimilato e, soprattutto, la relativa agevolazione, però, parrebbero essere state superate dal dettato dei nuovi artt. 183, 198 e 238 TUA a seguito della novella prevista dal D.Lgs. 116/2020.

L'art. 183, I comma, del Testo Unico dell'Ambiente reca le varie definizioni di "rifiuto", quali rifiuti pericoloso, rifiuto non pericoloso, ecc.-  

A  seguito della novella in discussione, tale norma definisce i "rifiuti urbani" come:  

"1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

2. i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies;

3. i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;

4. i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

5. i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonchè i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;

6. i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonchè gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5 (3)."

Il punto 2. lett. b) di tale norma parrebbe riferirsi proprio ai "rifiuti assimilati", definendoli "i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies". 

L'art. 198 TUA prevede espressamente che gli utenti non domestici possano conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani, a patto che che dimostrino di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto a ciò incaricato. 

Il nuovo art. 238, X comma, D.Lgs. 152/2006 infine prescrive che: "Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all'articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2 che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell'utenza non domestica, di riprendere l'erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale" (sottolineature di chi scrive).

Dunque, il nuovo art. 238, X comma TUA parrebbe dire che, se il contribuente/utente non domestico prova di avere avviato regolarmente al recupero i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata sopra richiamati, il Comune tassante DEVE escludere il contribuente stesso dal pagamento della TARI per la quantità dei rifiuti conferiti.

In conclusione, a seguito della novella in parola, parrebbe che il legislatore nazionale:

a) abbia dato una definizione di rifiuto assimilato opponibile anche alle Pubbliche Amministrazioni; 

b) abbia concesso agli utenti non domestici virtuosi una agevolazione fiscale ai fini TARI proporzionale alla quantità dei rifiuti assimilati avviati al recupero che i Comuni sono tenuti ad applicare;     

Non sfuggirà all'interprete che la formulazione del X comma dell'art. 238 TUA pare richiamare il dettato del comma 649, art. 1, L. 147/2013 riferito alla agevolazione TARI per i rifiuti assimilati portati al recupero.

Sul piano tributario, quindi, si potrebbe già ipotizzare un possibile contrasto di norme, in quanto la L. 147/2013, in sostanza, non sarebbe stata stata raccordata dal legislatore alla nuova formulazione del D.Lgs. 152/2006.

In effetti, la disciplina specifica della TARI prevede ancora la possibilità per i Comuni di concedere agli utenti non domestici una agevolazione (quella per i rifiuti assimilati), che però (ad avviso di chi scrive) non avrebbe senso di esistere in tale formulazione, stante il sostanziale superamento di tale categoria a seguito della novella del D.Lgs. 152/2006.

In caso contrario, si potrebbe pensare, addirittura, che l'agevolazione facoltativa di cui all'art. 1, comma 649 L. 147/2013 possa coesistere con quella obbligatoria disposta  dall'art. 238 CdA, ma non se ne capirebbe il senso e gli ambiti (per quali tipologie di rifiuti assimilati si applicherebbe l'agevolazione facoltativa prevista dalla l. 147/2013?).  

Occorre subito dire, però, che la novella in parola entrerà in vigore solo dal 01 gennaio 2021, dunque, sarà onere del legislatore, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, nonché delle singole Pubbliche Amministrazioni adeguarsi ed offrire ai contribuenti i chiarimenti necessari alla corretta applicazione di tali norme.   

avv. Giuseppe Paolo Raimondi 

    

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