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9 dicembre 2021 4 09 /12 /dicembre /2021 15:50

Come è noto, l'azione di accertamento svolta dall'Agenzia delle Entrate (come da ogni ente impositore) deve tendere ad agevolare la compliance nei confronti del contribuente, sia esso impresa o privato.

Il principio è declinato in svariati istituti volti a semplificare il rapporto tra il fisco e il cittadino, come ad esempio, l'accertamento con adesione ex art. 7 D.Lgs. 218/1997, o l'istituto del reclamo mediazione ex art. 17-bis D.Lgs. 546/1992, ovvero ancora l'istanza di sgravio ex l. 228/2012.

Una delle procedure di compliance più efficaci è sicuramente l'invito a contradditorio rivolto al contribuente ex art. 7 L. 212/2000, a seguito di verifica fiscale effettuata dagli uffici, prima dall'emanazione di un atto di accertamento.

In tale sede, il contribuente può proporre delle osservazioni all'amministrazione riguardo le risultanze delle verifiche effettuate e, eventualmente, raggiungere un accordo con l'Agenzia delle Entrate per il pagamento delle imposte effettivamente dovute.

Tale contraddittorio, però, viene stimolato solamente in caso di elaborazione del processo verbale a chiusura delle operazioni di indagine svolte dagli uffici dell'Agenzia e/o della Guardia di Finanza, mentre pare escluso in altri ambiti del procedimento amministrativo tributario.

In realtà, la giurisprudenza europea da tempo ha individuato l'obbligo di contraddittorio preventivo in materia di accertamento delle imposte di derivazione unionale.

Si ricorda in particolare, Corte di Giustizia Europea 18.09.2008 n. C-349/07 in materia di imposte doganali.

La giurisprudenza domestica italiana ha fatto proprio tale principio con svariate sentenze dalla Corte di Cassazione, il cui contenuto pare ancora ondivago.

Ad oggi, la giurisprudenza maggioritaria sostiene che l'amministrazione finanziaria debba invitare a contraddittorio il contribuente, prima di procedere con l'emissione di un atto di accertamento, solo nel caso in cui l'accertamento stesso sia relativo ai c.d. "tributi armonizzati", cioè di matrice europea.

In effetti, con la sentenza 09.12.2015 n. n. 24823, la Corte di Cassazione ha stabilito che "Differentemente dal diritto dell'Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l'obbligo dell' amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto" (Cfr. Cass. civ. SSUU 09.12.2015 n. n. 24823, in Banca dati De Jure, recentemente in senso conforme - Cass Sez. Trib. ord. 25.05.2021 n. 14334, in Banca dati De Jure).

Ciò a dire che, allo stato, la Giurisprudenza domestica maggioritaria ritiene che il contraddittorio preventivo:

a) sia obbligatorio per i tributi armonizzati (per esempio, IVA, Contributi Doganali, alcune Accise);

in tale caso, se il contribuente prova la bontà delle proprie ragioni e che le stesse potevano essere fatte valere davanti all'Ufficio prima di impugnare l'atto di accertamento avanti la competente Commissione Tributaria, allora  il Giudice Tributario dovrà annullare l'accertamento per il solo fatto che l'ente impositore non aveva provveduto al suddetto incombente.

In questo senso, di sostiene che l'obbligo di contraddittorio preventivo non è assoluto (come nel caso previsto dall'art. 12, VIII comma, L. 212/2000), ma è condizionato ad una "prova di resistenza" o "test di resistenza" sulla fondatezza delle ragioni del contribuente.   

b) sia, invece, non obbligatorio e, quindi, non necessario nei casi delle imposte non armonizzate (per esempio, IRPEF, IRES, Imposta di registro, imposta di successione), salvo che la specifica disciplina di tali singole imposte, o la legge stessa in determinati casi, non preveda altrimenti;

A tale riguardo, si deve sottolineare come l'art. 4-octies, I comma, lett. b) D.L. 30.04.2019 (l. conv. n. 58/2019) ha previsto, invece l'introduzione dell'obbligo di contradditorio preventivo nell'alveo della disciplina dell'accertamento con adesione, con l'art. 5-ter D.Lgs. 218/1997.

Tale norma prevede che: 1. L'ufficio, fuori dei casi in cui sia  stata  rilasciata  copia del processo verbale di chiusura  delle  operazioni  da  parte  degli organi di controllo, prima di emettere  un  avviso  di  accertamento, notifica l'invito a comparire di cui all'articolo 5 per  l'avvio  del procedimento di definizione dell'accertamento.  2. Sono esclusi dall'applicazione dell'invito obbligatorio  di  cui al comma 1 gli avvisi di accertamento parziale previsti dall'articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e gli avvisi di rettifica parziale previsti dall'articolo 54, terzo e quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica  26 ottobre 1972, n. 633. 
3. In  caso  di  mancata  adesione,  l'avviso  di  accertamento è specificamente motivato in relazione  ai  chiarimenti  forniti  e  ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio. 
4. In tutti i casi di particolare urgenza, specificamente motivata, o nelle ipotesi di fondato pericolo  per  la  riscossione,  l'ufficio può notificare direttamente l'avviso di accertamento  non  preceduto dall'invito di cui al comma 1. 
5. Fuori dei  casi  di  cui  al  comma  4,  il  mancato  avvio  del contraddittorio  mediante  l'invito  di  cui  al  comma 1 comporta l'invalidità dell'avviso  di  accertamento  qualora,  a  seguito  di impugnazione, il contribuente dimostri in  concreto  le  ragioni  che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato. 6. Restano ferme le disposizioni che  prevedono  la  partecipazione del contribuente prima dell'emissione di un avviso di accertamento

La nuova disciplina trova applicazione per tutti gli accertamenti emessi dal 01.07.2020 e solo per un numero limitato di imposte.

Infatti, l'Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 17/E del 22.06.2020 ha già chiarito che "L’invito di cui all’articolo 5-ter è applicabile esclusivamente per la definizione degli accertamenti in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, contributi previdenziali, ritenute, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive, imposta sul valore degli immobili all’estero, imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero e imposta sul valore aggiunto,  considerato che il nuovo obbligo è stato inserito nel Capo II del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.".

Per esempio, sono escluse della disciplina in discussione le imposte locali, salvo l'IRAP, e le imposte indirette (imposta di bollo, imposta di registro, imposta di successione).   

Come è possibile osservare dalla mera lettura dell'art. 5-ter, V comma, D.Lgs. 218/1997 novellato, viene introdotta anche nella disciplina domestica la c.d. "prova di resistenza".

Ciò a dire che, in assenza di preventivo contraddittorio ex art. 5-ter D.Lgs. 218/1997, l'accertamento sarà invalido (a rigore) solo nel caso in cui il contribuente oggetto di provvedimento prospetti "in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali l'ordinamento lo ha predisposto" (Cfr. Cass. civ. SSUU 09.12.2015, n. 24823, in motivazioni, in Banca dati De Jure).

E' abbastanza evidente che la portata pratica di tale novella sia limitata e che, molto probabilmente, avrà un effetto deflattivo molto circoscritto  

Ciò non di meno, non si può che salutare con favore la scelta del legislatore di allargare le garanzie del contribuente e le possibilità per quest'ultimo di evitare l'alea ed i costi di un futuro contenzioso.

avv. Giuseppe Paolo Raimondi 

                    

     

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