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6 gennaio 2011 4 06 /01 /gennaio /2011 10:09

Non è afftto infrequente che all'interno di un edificio condominiale sia fatto espresso divieto di detenzione di animali domestici, ovvero se ne limiti fortemente la circolazione, per esempio, con vincoli di orario per il transito nelle parti comuni.

Il limite alla detenzione di animali domestici nelle unità immobiliari appartenenti ad una realtà condominiale è un problema particolarmente delicato da trattare, soprattutto perché incide direttamente sulla facoltà del partecipe di esercitare il suo diritto di proprietà.

Proprio per questa ragione il legislatore non si è mai curato di regolamentare tale fattispecie lasciando campo libero alla essenziale convenzionalità dei rapporti tra i singoli comunisti ed alla Giurisprudenza.

Quest’ultima è intervenuta in più occasioni sul punto, stabilendo una serie di regole da affiancarsi alla più generale normativa contenuta negli articoli 1100 e seguenti del codice civile.

Prima di tutto ci si è chiesti se il regolamento condominiale possa stabilire dei vincoli al godimento del proprietario dell’immobile, che si ritroverebbe privato della possibilità di tenere in casa un animale domestico o comunque di poterlo fare in completa libertà.

 

La regola generale prevede che solo un regolamento condominiale con natura contrattuale possa intervenire in maniera diretta sui diritti soggettivi dei condomini, i quali, all'unanimità accettano di sacrificare parte delle proprie libertà individuali in favore di un più pacifica convivenza.

In caso, invece di regolamento con natura diversa, non sarà possibile obbligare coattivamente il singolo partecipe a rinunciare all'esercizio di un proprio diritto o facoltà.

Si precisa comunque che, per distinguere tra natura contrattuale o meno del regolamento bisogna avere riguardo non solo delle modalità di approvazione (votazione unanime dei partecipi, ovvero allegazione del regolamento al contratto di acquisto delle singole proprietà condominiali), ma soprattutto del contenuto delle singole clausole del regolamento stesso.

Laddove queste siano limitatrici di diritti dei condomini sulle proprietà comuni o, al contrario, estensive dei diritti di alcuni condomini rispetto ad altri sulle medesime, allora si potrà parlare di regolamento dal ontenuto contrattuale, modificabile solo ed esclusivamente con il voto uinime degli aventi diritto (su tutte: Cass. Civ., n 17694/07). 

 

Tornando all'oggetto di questo contributo, il possesso (e l'amministrazione) di un animale da compagnia è stato più volte definito dalla Giurisprudenza come una scelta ascrivibile all'esercizio di un proprio diritto soggettivo, insuscettibile di una qualsisasi limitazione che non sia espressamente voluta ed accettata dal titolare.  

CondominioCartoon.jpegLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12028 del 04.12.1993 ha stabilito che “le clausole limitative del diritto di tenere animali nelle singole unità abitative del condominio non possono essere contenute negli ordinari regolamenti condominiali approvati a maggioranza, ma richiedono un’approvazione unanime”.

In assenza di tale accordo collettivo, le dichiarazioni dei singoli condomini sono da considerarsi mere promesse unilaterali atipiche, inefficaci ai sensi dell’art. 1987 c.c.

Secondo la Suprema Corte dunque, il fatto che un condomino si impegni a portare a spasso il proprio cane solo dalle 18:00 alle 19:00 non genererebbe alcun effetto giuridico e non consentirebbe quindi di ottenere una qualche forma di tutela nel caso in cui la passeggiata serale si sia svolta più volte alle ore 20:00.

Resta comunque salva la facoltà di richiedere un risarcimento ai sensi dell’art. 2052 c.c. nel caso in cui l’animale domestico cagioni dei danni alle proprietà degli altri partecipi o alle parti comuni.

 

 

Ci si chiede comunque se l'assemblea possa in qualche misura limitare il diritto dei condomini a possedere un animale domestico, pur non applicando un regolamento di natura contrattuale.

Ci si chiede in sostanza: se il regolamento condominiale di natua assembleare possa vietare il mero possesso di un animale domestico, ovvero se la detenzione non sia sanzionabile in quanto tale, ma si necessiti di una effettiva turbativa, che si risolva in situazioni di concreto pericolo per l’igiene, la salute e la sicurezza della collettività.

E' evidente che, se si accettasse  la prima delle due ricostruzioni, si ridurrebbe in maniera drastica il diritto del proprietario a realizzare la propria persona ed i propri interessi e si vanificherebbe la  generale distinzione  tra regolamento contrattuale e non, violando peraltro l'art. 3 Cost., che vieta di trattare in maniera uguale situazioni diverse ( Cass. Civ.,  n. 7856/08; Tribunale di Napoli, 25.10.1990; Tribunale di Milano, 28.05.1990).

 

Partendo da questo semplice assunto la Giurisprudenza maggioritaria, ha deciso di ammettere il limite all'esercizio de  diritto, solo quando si  sia in presenza di una effettiva violazione delle norme di civile convivenza, muovendo  le proprie considerazione  dal disposto dell’art. 844 c.c. in materia di immissioni, norma pacificamente applicabile anche alle proprietà condominiali.

 

Secondo un ormai costante orientamento della Corte di Cassazione, il condominio ha la possibilità di “imporre ai partecipi limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche diverse o maggiori rispetto a quelle stabilite dall’art. 844 c.c.” a mezzo della regolamentazione convenzionale (Cass. Civ., n. 4963/01).

Questo significa che in ragione dello stretto rapporto che lega le singole proprietà immobiliari che compongono il condominio, l’assemblea può stabilire autonomamente dei canoni di tollerabilità alle immissioni (siano esse di fumo, di calore, sonore, esalazioni, scuotimenti, ecc.) generate dai condomini, al fine di rendere più agevole la civile convivenza dei partecipi.

Sarà allora legittimo introdurre nel regolamento il divieto di suonare il pianoforte dopo le ore 18:00, o di grigliare della carne sui balconi dello stabile, ecc.

 

In ogni caso la Giurisprudenza permette al condomino danneggiato o all’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio di chiedere al Giudice competente anche la rimozione dell’animale in caso di pericolo di lesione del diritto di godere della bene posseduto a titolo esclusivo.

 

Infatti, oltre alla generale tutela extra-contrattuale concessa dall’art. 2052 c.c., alcuni Giudici di merito ritengono applicabile al caso di specie anche il rimedio rubricato all’art. 700 del codice di procedura civile (sent. cit.; Tribunale di Salerno, Sez. II, 23 marzo 2004).

Tale norma prevede che, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il proprio diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, questi possa fare ricorso al Giudice competente per ottenere i provvedimenti di urgenza che appaiono più idonei ad assicurare in via provvisoria gli effetti di una futura decisione sul merito, realizzando in questo modo una anticipazione di un possibile futuro giudizio di cognizione.

Se un condomino viene costantemente turbato, per esempio, dal continuo ululare notturno di un cane posseduto dal proprietario dell’appartamento contiguo, nulla esclude che questo possa chiedere al Giudice competente un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per ottenere l’immediato allontanamento dell’animale rumoroso.

Inutile dire che le spese e gli oneri relativi rimarrano a carico del singolo ricorrente, che potrà essere come già detto, sia il condomino personalmente che l’intero condominio, in persona dell’amministratore.

Nel primo dei due casi i costi saranno ad esclusivo carico dell’istante, mentre nel secondo questi saranno ripartiti pro quota tra i singoli partecipi.

 

Detto questo è però il caso di ribadire come, stante l’assenza di un regolamentazione certa sul punto, molti dei problemi legati alla detenzione di un animale domestico possano essere risolti con il mero dialogo nelle sedi più appropriate, come l’assemblea condominiale, o con il semplice buon senso da parte dei partecipi

 

Dott. Giuseppe Paolo Raimondi

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